Lo Spreco
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QUANDO LO SPRECO E " DI MODA " IN ITALIA

Gent.mo governo
Anche lo scintillante universo della moda dà il suo bel da fare al mondo degli sprechi. In Europa si stima che vengano consumati ogni anno 10 chili pro-capite di abbigliamento e accessori connessi, 7 dei quali vengono intercettati prima che siano ridotti in spazzatura. In sostanza, il 70 per cento del consumo complessivo di vestiario è recuperato grazie alla raccolta differenziata, permettendo una discreta riduzione degli sprechi. Sono i dati pubblicati lo scorso mese dal Consorzio nazionale dell’abbigliamento usato e dal rapporto "Italia del Riciclo 2011", che ha fatto luce sul problema dei rifiuti tessili in Italia, notando che nel 2008 sono state raccolte in modo differenziato appena 80.000 tonnellate di tessile, cioè 1,3 kg pro-capite.
Buona parte degli abiti ormai caduti in disuso non sono più destinati al macero, piuttosto recuperati e riutilizzati. Con l’entrata in vigore del decreto Ronchi nel 1997, anche i vestiti rientrano fra i rifiuti differenziati e vengono, dunque, venduti a società specializzate che li usano per altri scopi: circa il 10 per cento raggiunge il mercato dell'usato, il 50 per cento, dopo una fase di selezione e trattamento, viene esportato in paesi extra Ue, il 25 per cento viene commercializzato come stracci nel settore industriale, il 10 per cento è trasformato, ad esempio, in tappetini per automobili o imbottiture e, infine, un 5 per cento finisce negli inceneritori come qualsiasi rifiuto solido urbano. Dunque, una discreta parte dei rifiuti tessili si trasformano da spreco, in ricchezza. La raccolta differenziata nel settore tessile si sta diffondendo sempre più (è passata dallo 0,16 per cento della produzione nazionale di rifiuti del 2001 allo 0,22 per cento del 2009 – Fonte: ISPRA, 'Rapporto rifiuti urbani 2011'), ma deve ancora migliorarsi, come mostra il rapporto 'Italia del Riciclo 2011', secondo cui appena poco più di un chilo pro-capite di vestiario fra quello utilizzato viene destinato alla raccolta differenziata.
Il ciclo di produzione dei vestiti, dalla creazione alla distribuzione, impiega diverse risorse ambientali. Grazie al mercato dell’abbigliamento usato è possibile salvare non solo il portafogli, ma anche il nostro pianeta. Stando ai dati forniti dal rapporto 'Italia del Riciclo 2011', allo stato attuale si riescono a fare rientrare nel circuito della raccolta differenziata 'appena' 80 mila tonnellate di tessile. Ma attuando e promuovendo un attento servizio di raccolta, si potrebbero facilmente raggiungere le 240 mila tonnellate. In questa maniera si potrebbero risparmiare la bellezza di 36 milioni di euro in smaltimento dei rifiuti. Per non parlare del fatto che un solo chilo di abiti usati raccolti ridurrebbero di 3,6 chili le emissioni di Co2 e di 6000 litri il consumo di acqua, senza tralasciare le enormi quantità di pesticidi e fertilizzanti.
Gli stilisti e i professionisti della moda dove possono reperire materia prima riciclata per le proprie creazioni? Un’interessante iniziativa arriva dalla Lettonia, dove la designer Reet Aus ha messo a punto una piattaforma online dedicata totalmente ai rifiuti tessili e al loro recupero e riutilizzo. Il sito si chiama Trash to Trend e oltre a consigli di ogni genere per un look eco-friendly, propone una particolare mappa dell’Europa con evidenziate le località dove trovare rifiuti tessili. Lei prima li localizza, poi li cataloga per tipo, quantità e, ovviamente, stato del prodotto e qualità, permettendo alle aziende interessate di mettersi facilmente in contatto con le industrie.
Uno degli enti no-profit maggiormente impegnati nel recupero degli indumenti usati è la Caritas, che negli scorsi mesi ha lanciato la campagna 'Dona Valore', coinvolgendo 40 diocesi in tutta Italia. Aiutare persone bisognose, creare lavoro e proteggere l’ambiente: questi gli obiettivi della campagna che ha visto il proliferare dei tradizionali cassonetti gialli nelle maggiori città italiane. A Milano, ad esempio, sono stati adibiti alla raccolta 1200 cassonetti, memori del grande successo registrato lo scorso anno, quando le cooperative sociali di Caritas Ambrosiana hanno raccolto 8 mila tonnellate di abiti smessi destinati ai poveri. A giovarne è stato tutto il territorio della Diocesi di Milano: stando ai parametri di uno studio dell’Università di Copenhagen, il recupero di questo vestiario ha prodotto 28.800 tonnellate di anidride carbonica in meno nell'aria e ha fatto risparmiare 48 milioni di metri cubi di acqua.
Se il riciclo va di moda, anche le passerelle si adeguano, e poco importa se si tratti solo di una vincente trovata di marketing o di vero amore per l’ambiente. È stato realizzando riciclando vecchie bottiglie di plastica e con un trattamento meccanico, anziché chimico, l’abito a firma di Giorgio Armani mostrato in una delle sue più recenti collezioni. Se ciò non bastasse, il team di Re Giorgio si è premurato di utilizzare un tessuto a chilometri zero, cioè prodotto nel Nord Italia, al fine di minimizzare i costi (in termini economici ed ecologici) di trasporto. Anche il celebre gruppo Miroglio, leader nel settore tessile, realizza il 60 per cento del poliestere attraverso il riciclo di materiali.
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